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Franco Sachetti a Faenza

È l'estate del 1377 quando Astorgio I, figlio di Giovanni, riesce finalmente a riprendere Faenza e ne diventa signore, ottenendo persino il riconoscimento papale. Il nuovo Manfredi governerà la cittadina per 27 anni mostrando quelle doti di audacia, astuzia e cinismo indispensabili per conservare il potere in un'epoca dominata dalle lotte incessanti tra i signori italiani, cui si andava ad aggiungere una spietata politica di conquista da parte della Chiesa. Nondimeno Astorgio mostra anche un animo sensibile al bello e alle lettere: è per questo che, come si è accennato, invita a Faenza lo scrittore e poeta Franco Sacchetti perché assuma la carica di podestà. Lo stesso Manfredi si diletta nell'arte del poetare e sottopone i suoi componimenti alla revisione dell'amico fiorentino.

Con la signoria di Astorgio I riprende anche la crescita urbanistica e architettonica della città: mentre si dà inizio ai lavori per la costruzione di una nuova cinta muraria (la precedente era stata abbattuta da Federico II a metà del '200) che verrà completata nell'arco di 90 anni, il palazzo del Capitano del Popolo, ormai divenuto della Signoria, viene ingentilito con un portico a colonne lapidee ed arricchito di un vasto giardino.

Nel 1397 il figlio di Astorgio, Gian Galeazzo, si associa al padre nel dominio di Faenza, ma 7 anni dopo la stella dell'anziano signore è ormai al tramonto. Esausto per le continue incursioni nel suo territorio da parte del capitano di ventura Alberico da Barbiano, che era al servizio della Chiesa, Astorgio I entra in trattativa proprio con questa, cedendole Faenza per un decennio. Ma già l'anno successivo si scopre che Astorgio, apparentemente schierato contro gli avversari del papa, trama in realtà ai suoi danni, forse nel tentativo di riprendere il dominio sulla cittadina. Così nel novembre 1405 il vecchio Manfredi finisce decapitato proprio nella piazza della "sua" Faenza al par d'un malfattore volgare (Messeri). In quegli anni era morto anche l'amico Sacchetti, forse uno dei pochi che l'avevano sinceramente apprezzato ed amato. Così infatti lo scrittore fiorentino l'aveva ritratto in alcuni suoi versi, paragonandolo al fiero uccello da cui prendeva nome:

D'Astore ha condizion questo signore, / ché, come egli è uccel di gran coraggio, / per vendicar l'oltraggio / sempre percote e rimane al di sopra; / costanza e fortezza par che il copra / e da quel non si muta / per alto, o per caduta.

Finiva dunque un'epoca, ma non la dinastia dei Manfredi che nel 1410 sarebbero tornati in possesso di Faenza con Gian Galeazzo I e che avrebbero dato un'impronta ancora più splendida alla città, facendo registrare al contempo altri colpi di mano e fatti di sangue.