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Il lungo assedio del Valentino

Intanto la situazione politica italiana va complicandosi. Nel 1492 muore il Magnifico e si sgretola l'equilibrio tra i grandi principati italiani da lui perseguito per impedire le invasioni straniere. Nello stesso anno diventa papa Alessandro VI Borgia che, come spiega Machiavelli, è intenzionato a creare uno stato per il figlio Cesare nell'Italia centrale, sottomettendo prima di tutto quei territori governati da feudatari nominalmente soggetti alla Chiesa, ma ormai del tutto indipendenti.

Per favorire le conquiste del figlio, il papa si allea con la Francia che fornisce l'appoggio delle armi. La conquista della Romagna e di parte delle Marche è dunque rapidissima: alla fine del '99 cade Imola, mentre nell'anno successivo si arrendono Forlì, Pesaro e Rimini.

Nel novembre 1500 Cesare Borgia stringe d'assedio Faenza, che inaspettatamente gli resisterà 6 mesi contando unicamente sulle sue forze, dopo aver invano sperato aiuti da Venezia e da Firenze. Francesco Guicciardini dedica alcune pagine della sua "Storia d'Italia" (1540) proprio all'eroica resistenza della piccola città contro le armi soverchianti del Valentino, personaggio che - a differenza di Machiavelli - lo storico non idealizza affatto. Ecco come Guicciardini descrive con ironia la stizza del Borgia, tenuto in scacco dai faentini raccolti attorno al loro signore, Astorgio III, di appena 15 anni: [Il Valentino era] pieno di sommo dolore che, avendo oltre alle forze Franzesi uno esercito molto fiorito di capitani e soldati Italiani (...), e avendosi promesso, co' suoi concetti smisurati, che né mari né monti gli avessino a resistere, gli fusse oscurata la fama de' principii della sua milizia da uno popolo vivuto in lunga pace, e che in quel tempo non aveva altro capo che un fanciullo