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L'avidità del Vescovo Federico

Particolare del Duomo

L'aver promosso la ricostruzione del Duomo è, secondo Antonio Messeri, l'«unico merito» attribuibile a Federico Manfredi, bollato come «pessimo uomo e pessimo vescovo». Il prelato, avido e dissoluto, mostra fin da subito una nefasta influenza sul fratello Carlo II.

In nove anni di dominio costellato di imposizioni economiche e devastazioni di beni altrui, i due si alienano completamente la simpatia della cittadinanza. La scintilla della rivolta scocca il 15 novembre 1477 quando il prezzo del grano, fissato qualche giorno prima a 45 soldi per corba, viene arbitrariamente alzato a 50 per favorire il vescovo, che possedeva magazzini pieni di frumento. In breve tutta Faenza è in subbuglio e, mentre Carlo e Federico si rifugiano nella Rocca, il loro fratello Galeotto - con cui da tempo erano in guerra - entra trionfante in città acclamato come nuovo signore. Esiliati i due, questi dà inizio al proprio governo, caratterizzato da uno stretto legame con la Firenze di Lorenzo de' Medici, a cui il Manfredi è legato da amicizia e profondissima stima. Galeotto infatti, a differenza dei suoi predecessori che cambiavano disinvoltamente alleati a seconda del proprio tornaconto, combatte sempre a fianco del Magnifico.

Anche l'arte, in questo ultimo scorcio di secolo, risente più che mai dell'influenza fiorentina, mentre la maiolica si arricchisce di due nuovi gruppi decorativi: la famiglia alla porcellana, che riprende ornati estremo-orientali, e la famiglia delle "belle", che presenta ritratti stilizzati, soprattutto muliebri. Vengono realizzate per la prima volta anche piccole sculture in ceramica, a coronamento di preziosi calamai.