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Classicismo e Purismo

Il Fontanone

Ma il lento mutamento della città in "Atene della Romagna" (come è pomposamente chiamata in quel periodo) non si interrompe.

Nel 1816 viene creato un viale fuori le mura per il pubblico passeggio, lo "Stradone", che nel '24 si arricchisce di una elegante prospettiva detta "Fontanone". Ne è autore Pietro Tomba, architetto neoclassico faentino della seconda generazione, che negli anni successivi crea altri pregevoli edifici. Suo è il rifacimento della chiesa di S.Vitale (1828), dalla semplice ed armoniosa facciata, modello che viene riproposto dallo stesso architetto per la chiesa di S.Sigismondo (1835).

Notevoli sono poi diverse case faentine del Tomba ispirate ad un purismo neopalladiano (tra esse ricordiamo quelle delle famiglie Bubani, Passanti e Guidi) e qualche villa di campagna. Il gusto neoclassico, intanto, si riflette anche nella maiolica prodotta dalla fabbrica Ferniani con l'introduzione, su semplici e lineari servizi da tavola, di nuovi decori come la foglia di vite, il festone e la ghianda. E in pittura continua la tradizione classicista iniziata da Felice Giani per opera di Tommaso Minardi e della sua cerchia (dipinti in Pinacoteca).

Intanto, con il serpeggiare del malcontento politico ed il moltiplicarsi delle società segrete, la reazione dello Stato Pontificio si fa sempre più dura.

Nel 1823 diventa "legato a latere" in Ravenna il cardinal Agostino Rivarola, che porta a conclusione un processo contro più di 700 prigionieri politici romagnoli (fra cui molti carbonari faentini), pronunciando severissime sentenze. Questo rigore non fa che inasprire gli animi: nel '26, a Faenza, viene ucciso ad archibugiate un delegato politico, mentre a Ravenna Rivarola scampa fortunosamente da un altro attentato. La persecuzione di veri o presunti patrioti diventa feroce fino a che, con i moti del '31, anche Faenza si affranca per qualche settimana dallo Stato della Chiesa. Poi il ritorno del dominio pontificio dà mano libera ai papalini più zelanti, organizzati in un corpo di volontari che imperversa in città.

Nel 1845, in concomitanza con una sollevazione a Rimini, il "prete garibaldino" don Giovanni Verità organizza il moto delle Balze - località appenninica ai confini con la Toscana -, con lo scopo di attirare le truppe pontificie lontano da Faenza, che a sua volta deve ribellarsi. Il piano però fallisce.