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Le belle chiese del XVIII secolo

S. Francesco

Intanto nulla di eclatante registrano le cronache del tempo in una cittadina tormentata ciclicamente dalle solite calamità. mentre all'interno continuano le contese tra le famiglie aristocratiche, che spesso a sfociano in fatti di sangue. Risale proprio a quest'epoca la riedificazione o l'ampliamento di diversi palazzi gentilizi i cui caratteri ricorrenti sono l'uso del cotto a vista, la sagomatura delle finestre dai timpani mistilinei, le soluzioni angolari smussate o cernierate. Tra gli edifici più interessanti ricordiamo l'ala "nuova" di palazzo Ferniani, il palazzo Ginnasi-Ghetti, il palazzo Naldi-Cavina. Numerosissime sono poi le chiese sorte durante tutto il '700. A realizzarle vengono spesso chiamati valenti architetti o costruttori faentini come i due Campidori (Raffaele e Giovan Battista), Giovan Battista Boschi, lo studioso Carlo Cesare Scaletta. Sono infatti Raffaele Campidori e il Boschi gli autori della grande chiesa di S.Francesco (1740-52), con facciata a due ordini, frontone mistilineo e due obelischi ai lati con funzione di raccordo. Degli stessi è poi la chiesetta di S.Umiltà (1741-44), opera rococò di suprema eleganza. E ancora possiamo segnalare la chiesa di S.Domenico (1761-67), riedificata sulla precedente da Pietro Tomba il Vecchio secondo il progetto del bolognese Francesco Tadolini; la chiesa dei SS.Ippolito e Lorenzo (1771-74), di progettista ignoto ma realizzata dal faentino Gioacchino Tomba; la chiesa dei Servi, costruita a partire dal 1726 su progetto del camaldolese Giuseppe Soratini: il suo caratteristico campanile - il più alto della città - è andato perduto con l'ultima guerra e l'edificio non è più stato riaperto al culto. Né si può dimenticare che proprio in questo secolo vengono completati i portici della piazza del Popolo, che acquista l'attuale aspetto scenografico, e che l'ex palazzo della Signoria, ora sede del Governo pontificio, subisce una radicale trasformazione. Si ristruttura infatti, su progetto del Boschi, il fronte laterale che dà sull'attuale corso Mazzini, mentre l'accesso dalla piazza viene dotato di un'importante scalinata a due rampe. All'interno del palazzo vanno poi ricordate le tre suggestive sale di rappresentanza ("del Sole", "delle Stelle" e "delle Rose") e la fastosa galleria, ambienti affrescati dai bolognesi Vittorio Maria Bigari e Stefano Orlandi.

OPERE PUBBLICHE

Il razionalismo e gli ideali filantropici del pensiero illuministico approdano, seppure in forma attenuata, anche a Faenza. È in questa prospettiva che va considerato il progetto del vescovo Antonio Cantoni per la realizzazione di un grande Ospedale civico al posto della Rocca trecentesca. Quest'ultima viene senz'altro demolita nel 1753 e al suo posto, nel '62, viene inaugurato il nuovo nosocomio con annessa chiesetta, costruito su progetto dell'architetto Giovan Battista Campidori. Altra importante opera pubblica è l'escavazione del Canale Naviglio, fortemente voluto e finanziato dal patrizio faentino Scipione Zanelli. L'ardito progetto venne portato a compimento nel 1784: il corso d'acqua, allora navigabile, collega Faenza al Po di Primaro e all'Adriatico e per molto tempo ha costituito un'importante via di comunicazione e di commercio.

"L'impresa fu condotta a termine fra contrasti in poco più di venticinque anni dal conte Scipione Zanelli - racconta Ennio Golfieri nella sua "Guida della città di Faenza" (1979) - che ebbe solo l'incoraggiamento del Pontefice Pio VI, suo parente, il quale sostò presso di lui nel 1782 quando, di ritorno da Vienna (...), passò sotto un arco improvvisato nel varco delle mura, dove poi fu costruita la Porta Pia, per benedire i lavori di completamento della Darsena del Naviglio".